Como non ci tiene

Le molte persone che decidono di emigrare dal comasco e quelle che scelgono di restare hanno tanto in comune. Un forte legame con il proprio luogo di nascita, in primis. E un grandissimo problema con l’offerta culturale e aggregativa del territorio.

“Purtroppo noi giovani lasciamo questa bella città (io compresa) perchè non l’abbiamo mai potuta sentir nostra. Como è come una ‘casa vuota’ ormai” ci scrive Valentina. “Io sono uno dei tanti giovani comaschi scappati dalla città, non per mancanza di lavoro (sono un giovane medico) ma per mancanza di possibilità di socialità” dice Alessandro. Alessandra, invece, racconta che nonostante viva all’estero da anni, torna a Como ogni volta che può, e aggiunge: “fa sempre una grande rabbia sapere che tutto è immobile e si oppone ostinatamente al cambiamento”.

Queste sono solo alcune delle tante testimonianze che abbiamo raccolto da quando abbiamo pubblicato la nostra lettera aperta alla cittá mercoledì pomeriggio. È esplosa sui social, arrivando molto al di là del nostro solito pubblico, raggiungendo un’ampia fetta di giovani e non legati alla cittá. Al momento (lunedì mattina) abbiamo 453 firme e circa una novantina di testimonianze.

Chi se ne va

Provo rabbia e frustrazione per chi non ascolta, non capisce e non vuole aiutare, cambiano le facce ma Como rimane la stessa, troveremo sempre un muro! mi sono chiesta tante volte QUANDO me ne sarei andata da qua e con dolore credo che nei prossimi mesi mi darò anche una risposta.

Marta

La maggior parte di chi ci ha scritto vive a Como. Molte testimonianze, però, arrivano da chi ha deciso di trasferirsi fuori città. Quello dei giovani che emigrano da Como è un tema che ci tocca molto come redazione, tanto da averci dedicato un intero capitolo del webdoc Lago della Bilancia, pieno di storie. Ci tocca ancora di più perché vediamo che non se ne parla. Quand’è l’ultima volta che avete aperto un articolo che coprisse anche solo di striscio l’emigrazione giovanile dalla provincia comasca? Eppure i dati ci sono e parlano chiaro – se vi interessano li trovate qui, basta scorrere.

Per citarne solo uno, il più allarmante: la popolazione giovanile compresa tra i 18 e i 35 anni è diminuita in diciotto anni di una percentuale compresa tra il 20 e il 30% in otto dei dieci comuni che abbiamo preso in considerazione per l’inchiesta ‘Lago della Bilancia’.

Dalle tredici testimonianze ricevute da chi ha già deciso di emigrare o sta pensando di farlo, tutte citavano la mancanza di una vita sociale all’altezza e opportunità culturali e aggregative come la causa della loro scelta, o comunque una delle principali. “Io sono tra quelli che ha lasciato Como alla ricerca di una città più viva e che sappia offrire opportunità a noi giovani” scrive per esempio Mattia. Carolina lo scrive con molta piú amarezza: “sono stata una giovane a Como e me ne sono andata. Prima di farlo, mi sono sentita inadeguata, molto sola per le strade e troppo rumorosa le notti […]. Me ne sono andata e mi mancano il lago, le montagne e le mie amiche, ma per nulla l’ambiente borghese bigotto e fascista comasco. Ogni volta che torno, mi accorgo di aver fatto bene, con un po’ di tristezza”.

Chi resta, a fatica

Tommaso ha una band con i suoi migliori amici da otto anni. “Per alcuni periodi abbiamo suonato anche blues e rock, un qualcosa di apprezzabile da tutte le generazioni” scrive, per specificare che non si tratta di di generi che devono interessare per forza solo i giovani. “Ogni volta che si trattava di organizzare un evento in centro a Como, la domanda non era mai quanta gente verrà?, ma a che ora chiameranno i Carabinieri?”. Quelli come Tommaso sono la maggioranza nei nostri commenti: gente che abita in provincia comasca nonostante tutto, che non si arrende ad andarsene o a smettere di voler fare. Nel suo commento racconta che, come è successo a noi sabato sera, almeno due volte la sua band è stata interrotta dalle forze dell’ordine allertate dal vicinato in quelli che dice essere concerti legalmente autorizzati all’interno di locali. “Adesso, a 25 anni, mi ritrovo prigioniero di una città dove il massimo che si offre ai giovani è quattro locali aperti in una sola piazza, animati solo il weekend, tenuti a chiudere all’una di notte. Per non parlare dei prezzi insostenibili, ma questo è un altro discorso”.

Ma Como non fa nulla per evitare la perdita di questi giovani? Significa forse che siamo invitati ad andarcene e che qui non c’è posto per noi? E se cosí fosse, noi cittadini e residenti di città e provincia, come possiamo esercitare il nostro diritto di residenza? Penso che nessuno possa toglierci il diritto di esserci, qui e adesso!
Marco

Questa risposta fredda, se non proprio ostile, non riguardano solo i concerti, ma qualunque iniziativa nuova proposta in città.

Nell’estate del 2021 a Como si tiene l’Algae Festival, organizzato da La Beula, una delle realtà culturali piú frizzanti del territorio. “Era […] in periodo covid, quindi niente concerti o musica” ci scrive Giulia, fondatrice del gruppo, “ma per organizzare le mostre e spostarsi nello spazio pubblico siamo stati ostacolati in ogni possibile maniera da diversi interlocutori che semplicemente ci dimostravano come le nostre iniziative, proprio perché giovani e dal basso, fossero ai loro occhi solo un capriccio”.

Abbiamo disperatamente bisogno di socialità, di cultura, di spazi diversi. Siamo in tanti a pensarla così, non fermiamoci!
Lorenzo

La maggior parte delle persone che ci hanno scritto sono giovani. Ma c’è anche chi vive la città da piú anni e ci conferma che una socialità carente e la mancanza di spazi di aggregazione sono problemi cronici. “Como non è mai stata una città per giovani. E con il passare degli anni peggiora. Anche i meno giovani a volte si sentono ingabbiati” scrive Olivia. Michele rincara “vivo a Como da 12 anni e purtroppo la situazione è in costante peggioramento. Non sono più giovanissimo ma tutto qui sembra escludere la parte più viva e creativa che è la base e la forza di una comunità”.

Le testimonianze che abbiamo raccolto e riportato in questo articolo parlano chiaro. Le firme raccolte e la risonanza che ha avuto la lettera rendono evidente che il problema è sentito e diffuso. I dati sull’emigrazione mettono nero su bianco il senso dell’urgenza di intervenire. È chiaro che bisogna fare qualcosa per fermare l’emorragia di giovani. Prima ancora di rendere il territorio attrattivo, come spesso si sente dire in senso turistico o economico, bisogna renderlo vivibile per i suoi abitanti, le sue abitanti.

Riteniamo che il giornalismo fatto bene, oltre a dare risposte, crei buone domande. Ve ne lasciamo un’altra, che viene fuori in modo bruciante leggendo le testimonianze che abbiamo raccolto. Vogliamo davvero continuare ad ignorare il problema?

Tommaso Siviero