Lo sciopero generale del 29 novembre a Como
Fabbriche chiuse e piazze piene
Lo scorso venerdì 29 novembre Cgil e Uil hanno proclamato uno sciopero generale nazionale. Lo sciopero è stato indetto per “chiedere di cambiare la manovra di bilancio, considerata del tutto inadeguata a risolvere i problemi del paese, e per rivendicare l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni e il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali”. Secondo i dati raccolti dai due sindacati, disponibili sul sito ufficiale della CGIL, l’adesione delle lavoratrici e dei lavoratori è stata altissima e trasversale: una partecipazione in media del 70%, che in alcune aziende della penisola ha toccato addirittura picchi del 100%. Nella giornata dello sciopero si sono tenute manifestazioni in 43 città. Anche a Como c’è stato un corteo: siamo stati lì per raccogliere qualche voce. Abbiamo colto l’occasione per farci dare da sindacalisti e sindacaliste fotografie della situazione odierna nei loro diversi settori. Questo è quello che ci hanno detto
Le voci da Como
Anche a Como la partecipazione è stata alta, con punte del 90% in alcune aziende come nel caso dei lavoratori in produzione della Sisme di Olgiate Comasco o della mondialpol. Si sono tenute due manifestazioni:un corteo in mattinata, che ha attraversato le vie del centro per raggiungere piazza San Fedele, e un presidio nel pomeriggio nel quartiere di Albate, organizzato dalla UIL. La partecipazione è stata messa bene in evidenza da Alessandra Ghirotti, parte della segreteria della CGIL: “molte realtà del territorio si sono svuotate. Le vie del centro storico sono state impegnate dai nostri colori, dalle nostre voci, dalle nostre urla. In una battuta, fabbriche chiuse e piazze piane”.
Stefania Macrì, che segue la funzione pubblica per la CGIL (FP), ha parlato della vertenza su cui il suo settore è più impegnato in questo periodo: la chiusura degli asili nido comunali decisa dall’amministrazione Rapinese. “Abbiamo indetto uno stato di agitazione sindacale e uno sciopero a giugno contro questa decisione a tutela delle lavoratrici degli asili nido – ha spiegato Macrì – Al momento il Tar ha bloccato la delibera comunale che operava nel senso della chiusura e gli asili sono aperti, ma noi rimaniamo vigili perché la giunta e Rapinese stesso hanno più volte ribadito l’intenzione di razionalizzare e chiudere questi importantissimi presidi sociali”.
Alessio Cazzaniga, della FILCAMS, che segue i lavoratori del commercio, del turismo e dei servizi, ha dichiarato invece che sono le categorie del commercio e della grande distribuzione quelle in cui il suo settore sta riscontrando più problemi. “Soprattutto dopo i decreti Bersani del 2007 e Salva-Italia, varato durante il governo Monti, nel 2011, i lavoratori e le lavoratrici non riescono a conciliare la vita privata e la vita lavorativa. Inoltre – ha precisato Cazzaniga – facciamo una grande fatica ad avere agibilità sindacale”
Per Cinzia Francescucci (FILCTEM), che a Como segue soprattutto i dipendenti del tessile, “percepiamo una chiara crisi del settore per via del cambiamento delle abitudini dei consumatori, del fast fashion e delle delocalizzazioni in stati come la Turchia dove il costo della manodopera è più basso” . In particolare, i riflessi nel comasco hanno portato molte aziende a richiedere la cassa integrazione ordinaria e, in alcuni casi, straordinaria, per le proprie lavoratrici e lavoratori, che stanno quindi vedendo una decurtazione salariale importante. “Abbiamo bisogno che il governo metta in atto delle politiche industriali importanti a loro tutela” ha chiosato Francescucci. Anche Salvatore Medici, della FIOM, ha sottolineato il forte aumento di ore di cassa integrazione delle aziende del metalmeccanico, soprattutto nel settore dell’automotive, in grande crisi a livello europeo. “Abbiamo vertenze aperte ma rischiamo di doverne aprire altre nei prossimi mesi perché alcune aziende hanno cominciato a parlare di potenziali esuberi” ha spiegato Medici, che anche sottolineato la preoccupazione per il taglio di 4,6 miliardi al settore automotive introdotto dal governo nella manovra finanziaria ad ottobre. Ad oggi sarebbe allo studio un emendamento per aumentare i fondi, ma non è ancora chiaro se andrà a buon fine. “Siamo anche impegnati in un confronto con la controparte datoriale di Federmeccanica, che, a fronte della scadenza del contratto collettivo nazionale, sta tentando di modellarlo a immagine e somiglianza delle imprese. Noi non ci stiamo e per questo ci stiamo preparando a scioperi di categoria che saranno tra metà dicembre e metà gennaio” ha concluso Medici.
Edit: al momento di stesura del pezzo la manovra di bilancio 2025 non era ancora entrata in vigore. Ad oggi (23 dicembre) ha incassato un’approvazione alla Camera, il 20 dicembre scorso. Resta da raggiungere l’approvazione definitiva in Senato, che dovrebbe arrivare prima della fine dell’anno. Per quanto riguarda il fondo automotive, sono stati effettivamente recuperati tramite un emendamento 400 milioni per il biennio 2026-2027. Un ridimensionamento del taglio annunciato ad ottobre c’è stato, quindi, ma di entità minima.
Riccardo Soriano